Il caso di specie trae origine dalla vicenda di un soggetto il quale, a seguito di due trasfusioni di sangue infetto in occasione del parto avvenuto in ospedale, aveva contratto il contagio da virus HCV.
Il Tribunale aveva riconosciuto un’invalidità permanente, liquidando il risarcimento sulla base delle tabelle milanesi, accogliendo l’eccezione di compensazione sollevata dal Ministero in relazione all’indennizzo spettante ex L. 210/1992.
La Corte di Cassazione ha affermato, con sentenza n. 18340 del 2019, che la decorrenza della liquidazione del danno non scatta dal momento delle trasfusioni, bensì dal momento della percezione della malattia da parte del danneggiato.
In secondo luogo, i giudici ricordano che l’orientamento consolidato della giurisprudenza postula la natura unitaria e omnicomprensiva del danno non patrimoniale.
Le c.d. tabelle milanesi, nel liquidare il risarcimento del danno non patrimoniale, comprendono tutte le conseguenza “in pejus” derivanti dall’evento lesivo, senza escluderne alcuna.
Da tali considerazioni deriva che:
- L’ulteriore personalizzazione del danno richiede la dimostrazione di un pregiudizio diverso e ulteriore rispetto a quello che, in termini di normalità, caratterizza solitamente eventi lesivi della specie di quelli accaduti.
Nonostante queste premesse, tuttavia, la Cassazione afferma che nel caso di specie c’è stata una scorretta applicazione dell’istituto della c.d. compensatio lucri cum damno.
Tale istituto si applica in quei casi in cui, in seguito all’evento di danno, spettino al danneggiato non solo il risarcimento, ma anche altre poste indennitarie derivanti da altre fonti, di carattere assicurativo, previdenziale o solidaristico.
Si pensi, a titolo di esempio, all’indennità INAIL o all’indennità “di accompagnamento”.
La Cassazione afferma il principio per cui:
- Nel giudizio promosso contro il Ministero della salute per il risarcimento del danno conseguente al contagio da virus HIV, HBV, HCV a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992 non può essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno, poiché l’astratta spettanza di una posta indennitaria non equivale automaticamente alla sua corresponsione e non fornisce elementi per individuarne l’esatto ammontare;
- Il carattere predeterminato delle tabelle milanesi non consente di individuare, in mancanza di dati specifici, il preciso importo da decurtare al risarcimento;
- Resta onere di chi invoca la compensazione tra risarcimento e ulteriore posta indennnitaria dimostrarne il fondamento, e fornirne le necessarie fonti di prova;
- La liquidazione equitativa del danno, ammessa in via generale dall’art. 1226 c.c., non può mai sopperire alle carenze istruttorie della parte onerata.