Danno riflesso da lesione del rapporto parentale

Danno riflesso da lesione del rapporto parentale

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IL Danno riflesso da lesione del rapporto parentale

Il danno riflesso consiste in quel nocumento che viene arrecato ad un soggetto terzo (rispetto al danneggiato primario) destinatario delle conseguenze pregiudizievoli subite da quest’ultimo per effetto della condotta illecita altrui.

In altre parole, il danno riflesso, pur trovando la sua origine in un evento che colpisce la vittima principale, si produce nella sfera giuridica delle cosiddette vittime secondarie o di rimbalzo, le quali acquisiscono il diritto al risarcimento del relativo pregiudizio iure proprio.

E ciò sia con riferimento ai danni non patrimoniali (biologico, morale, esistenziale), sia  a quelli patrimoniali (venir meno dell’apporto dell’attività lavorativa del soggetto leso).

Ad es. i familiari della vittima (o del convivente more uxorio) che, a seguito dell’evento illecito, subiscono una compromissione dei propri diritti in termini di peggioramento della qualità della propria vita e di sofferenza morale e finanche sotto il profilo della integrità psico-fisica, laddove medico legalmente riscontrabile, hanno diritto al risarcimento di tale tipo di danno.

La titolarità di un rapporto familiare non determina automaticamente il diritto al risarcimento danni, essendo necessario, di volta in volta, verificare in che cosa il legame affettivo sia consistito ed in che misura la lesione, subita dalla vittima primaria, abbia inciso sulla relazione fino a comprometterne lo svolgimento.

Un elemento, seppur non determinante, è la convivenza con la vittima primaria: un orientamento più restrittivo la richiede in ogni caso, mente (CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE – SENTENZA 20 ottobre 2016, n.21230) così statuisce:

“In tema di danno da perdita del rapporto parentale, se è pur innegabile la necessità di conciliare il diritto del superstite alla tutela del rapporto parentale con l’esigenza di evitare il pericolo di una dilazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari, il dato esterno ed oggettivo della convivenza non è elemento idoneo a bilanciare le evidenziate contrapposte esigenze e ad escludere a priori il diritto del non convivente al risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale. La convivenza può tuttavia assurgere a elemento probatorio utile, unitamente ad altri elementi, a dimostrare l’ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e a determinare il quantum debeatur”.

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