Spesso le Banche propongono, alla propria Clientela, dei derivati (i cosiddetti Interest Rate Swap) finalizzati a “sostituire” il tasso variabile con il tasso fisso o viceversa; il caso tipico è di chi, avendo sottoscritto un contratto di mutuo a tasso variabile, intenda garantirsi dal rischio che tale tasso possa aumentare cercando pertanto di portarlo al tasso fisso. Il contratto derivato, pertanto, dovrebbe essere di copertura del rischio rappresentato dal cliente.
Bisogna però osservare come, perché un contratto derivato possa dirsi di copertura, la legge richiede che lo stesso venga predisposto dall’intermediario proponente secondo specifiche previsioni, ed in particolare che vi sia una stretta correlazione tra il derivato stesso ed il rischio costituito dall’operazione sottostante. La Consob, nella sua qualità di autorità di vigilanza per il mercato finanziario, è intervenuta con la Determinazione del 26 febbraio 1999, indicando espressamente quali siano i requisiti che devono sussistere perché un contratto derivato possa dirsi di copertura. In questo ambito, è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione (sentenza n. 19013 del 31 luglio 2017) richiamando tale normativa e precisando come i derivati fatti sottoscrivere alla clientela possano ritenersi di copertura esclusivamente qualora abbiano una stretta correlazione con il rischio che sono destinati a garantire. Nel caso in cui non ricorra tale requisito, la Cassazione è giunta a dichiarare la nullità dei contratti stessi.
Attenzione, quindi, ai contratti derivati che vi sono stati rappresentati “a copertura” di un rischio, potreste incorrere in consistenti perdite economiche anche senza coprire effettivamente il vostro rischio finanziario.